domenica 3 marzo 2013

L'idiozia dei biocarburanti (di prima generazione)



I biocarburanti sono presentati come un'energia rinnovabile utile nell'ottica dei cambiamenti
climatici e del picco del petrolio. 
Quello che non si dice è che per produrli viene usato un quantitativo di carburante fossile superiore a quello che si va a sostituire con i biocarburanti. Il sistema è in deficit netto.

Il tutto mentre i sussidi al settore aumentano in Stati Uniti e Europa (e non di poco, si parla di 13,7 miliardi di euro nella sola Unione Europea nel 2020), sottraendo risorse economiche e la terra all'industria alimentare, conseguentemente facendo crescere i prezzi degli alimenti.
Negli Stati Uniti il 40 per cento circa del mais prodotto viene impiegato nella produzione di etanolo.
L'etanolo, come il biodiesel è un biocarburante di prima generazione. Il primo viene prodotto anche con la canna da zucchero, mentre il secondo viene prodotto con la soia o l'olio di palma.
I biocarburanti di seconda generazione sono invece in via di studio e di sviluppo. Si parla di un possibile sfruttamento della biomassa cellulosica, cioè di stoppie di grano e mais, eliminando quindi lo sfruttamento del cibo. La comparsa sul marcato dei nuovi biocarburanti è prevista non prima del 2018.

Per ora, quindi, il sistema biocarburanti è legato alla riconversione del cibo.
Lo spreco di risorse è evidente, così come è evidente che il sistema energivoro attuale che sfrutta i carburanti è decisamente esagerato e insostenibile.
Ma al posto di ridimensionare i veicoli, aumentare l'efficienza degli impianti, diminuire i consumi, si pensa a come ovviare l'"incubo" della fine della benzina con l'utilizzo del cibo.
Non è solo una questione economica (per altro come già detto non conveniente) e di inquinamento, ma di sopravvivenza di vite umane e di distribuzione delle risorse.
Un miliardo di persone nel mondo muore di fame (a causa del Mercato) e convertire terre (per di più sottratte a queste) per la produzione di biocarburanti non può che aumentarne il numero. 
Strappare terre in Sud America, in Asia e in Africa alle popolazioni locali per coltivazioni intensive di canna da zucchero, sorgo, palma da olio o mais per la conseguente produzione di biocarburanti è una follia. Distrugge l'ambiente, condanna alla fame (e alla morte) e spreca un sacco di energie inutilmente. 

Il tutto per permettere agli occidentali di girare su SUV, Ferrari e Fiat di turno.
Ne vale la pena?
La risposta alle nostre coscienze.

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