mercoledì 16 maggio 2018

Georges Ivanovič Gurdjieff (I° parte): la Legge del Tre




La legge del Tre, o legge dei Tre Principi o delle Tre Forze, afferma che ogni fenomeno, su qualsiasi scala e in qualsiasi mondo esso abbia luogo, dal piano molecolare al piano cosmico, è il risultato della combinazione o dell’incontro di tre forze differenti e opposte

Secondo la vera, esatta conoscenza, una forza o due forze non possono mai produrre un fenomeno. La presenza di una terza forza è necessaria, perché è unicamente col suo aiuto che le prime due possono produrre un fenomeno, su qualsiasi piano.
La dottrina delle tre forze sta alla radice di tutti i sistemi antichi. La prima forza può essere chiamata attiva o positiva; la seconda passiva o negativa; la terza neutralizzante.
Le prime due forze si lasciano più o meno comprendere, e la terza sta nel punto dell’applicazione delle forze, sia nel loro ambiente, sia nel loro risultato. 


La legge del tre in opera

Le tre forze s’incontrano sia nella Natura sia nell’Uomo. In tutto l’Universo, in ogni piano, le tre forze sono operanti. Sono le forze creative. Nulla si può produrre senza la loro influenza congiunta.
La congiunzione di queste tre forze costituisce una Triade. Una Triade ne crea un’altra, sia sulla scala verticale sia sulla scala orizzontale del Tempo. Nel Tempo, ciò che chiamiamo una catena d’eventi è una catena di Triadi.
Ogni manifestazione, ogni creazione, risulta dall’unione di queste tre forze, l’Attiva, la Passiva e la Neutralizzante.
Tutte e tre le forze prese isolatamente non possono creare nulla di per se stesse, nè tantomeno due delle tre forze possono produrre una manifestazione. È necessario che le tre forze si riuniscano per far accadere qualche manifestazione o creazione. 
Solo le tre forze sono creatrici nel punto della loro congiunzione, e in quel punto accade una manifestazione, una creazione, un evento, ma non in altro modo. Se compare la Forza Neutralizzante sarà presente una triade – cioè, una triade composta di tre forze – ed ogni volta che le tre forze s’incontrano in congiunzione come triadi deve risultare una manifestazione. Ogni triade, ogni congiunzione delle tre forze, fa nascere un’altra triade e sotto corrette condizioni da ciò risulta una catena di triadi. È sempre dalla Forza Neutralizzante – cioè, la terza Forza – che nasce una nuova triade.


Il concetto di Trinità

L’idea delle Tre Forze, si trova nella religione nel concetto di Trinità.
La prima sorge ininterrottamente dalle cause che si producono in seno alla Sorgente Originaria per effetto della pressione di nuove formazioni, indi fluisce per inerzia all’esterno della Sorgente.
La seconda forza universale e costituita da ciò che diventa la prima allorché, esaurito l’impulso di inerzia, essa cerca di ritornare alla fonte in base alla legge cosmica fondamentale secondo cui gli effetti di una causa devono sempre reintegrarsi alla causa stessa.
Nel processo generale di sostegno reciproco queste due forze sono del tutto indipendenti, e nelle proprie manifestazioni conservano sempre dovunque le rispettive proprietà e particolarità specifiche.

La prima di queste due forze fondamentali, ossia quella costretta a manifestarsi sempre all’esterno della fonte d’origine deve costantemente involvere, mentre la seconda, al contrario, nel cercare di rifondersi con la causa originaria, deve sempre e comunque evolvere.
La prima delle tre forze indipendenti, sorgendo dalle azioni vivificanti che avvengono nel fondamento stesso della Causa di tutto quel che esiste, e ricevendo perciò nella sua presenza il germe del potere di manifestare la vivificazione, può essere considerata Bene, ossia il fattore che determina gli effetti tendenti a rifluire alla fonte; viceversa gli effetti, in rapporto la prima forza, possono e devono essere considerati il Male.
Inoltre la prima forza, dato che si manifesta per cause inevitabili e incoercibili sorte in seno alla Fonte Originaria, si può considerare in questo senso passiva, mentre la seconda forza, o forza di riflusso, dovendo costantemente lottare per avere la possibilità di reintegrarsi all’origine, o almeno di resistere alla corrente contraria della prima forza passiva che riceve l’impulso di inerzia dalle cause sorte nella Fonte Originaria, si può considerare attiva.
Quanto alla terza forza indipendente universale, essa non è altro che la risultante del conflitto che oppone sempre dovunque le due forze fondamentali, discendente e ascendente.
La terza forza indipendente, pur non essendo altro che il risultato delle prime due forze fondamentali, e tuttavia il principio spiritualizzante e riconciliante di tutte le formazioni cosmiche.
Ed è il principio spiritualizzante perché in tutte le formazioni cosmiche essa sorge e deve esistere in quanto presenza per tutto il tempo che esistono i risultati di varie resistenze reciproche tra le due forze fondamentali dirette in senso diametralmente opposto. 


La legge del tre nella psicologia umana

Quando la vita è la Forza Neutralizzante, nell’uomo la personalità è attiva e l’essenza passiva
Lo studio delle Tre Forze comincia con lo studio di queste in se stessi. Come si è detto, esistono Tre Forze in Natura e nell’Uomo. È molto difficile vedere le Tre Forze. Per prima cosa è necessario studiarle psicologicamente, cioè così come sono in se stessi, attraverso l’osservazione di sè.

La Forza Attiva o Prima Forza può essere osservata come ciò che si desidera. La Forza Passiva o Seconda Forza può essere considerata come ciò che resiste o impedisce ciò che si desidera. Questo è tutto ciò che si può dire per cominciare. È impossibile osservare la Terza Forza se non si osserva la Prima Forza e la Seconda Forza.
La Seconda Forza o forza di resistenza sta in tutte le cose. Cioè, in tutto ciò che desideriamo c’è inevitabilmente una forza di resistenza. Se la gente si rendesse conto di questo non avrebbe troppe recriminazioni come fa di solito, e non sentirebbe neanche che le proprie difficoltà sono uniche.
Nel proporsi un obiettivo è necessario calcolare la Seconda Forza, diversamente l’obiettivo non sarà pratico. Se ci si propone un obiettivo, è necessario stimare lo sforzo da fare per compierlo. Se si procede in questo modo, l’obiettivo sarà probabilmente più pratico. Un obiettivo non deve essere considerato difficile. Tutto ciò che impedisce di portare a termine un obiettivo è la Seconda Forza, a condizione che si sia determinati a farlo.

Non ci sforziamo di vedere la Terza Forza. All’inizio è completamente inutile. Però cerchiamo di vedere la Prima e la Seconda Forza. Non si può vedere la Seconda Forza se non si vede la prima. È la Prima Forza che fa vedere la seconda. Se non si desidera nulla, non interviene la Seconda Forza, in ciò che riguarda il desiderio. La gente non sa neppure che la Prima Forza risiede in loro stessi, cioè, non sanno ciò che desiderano veramente. 


tratto da: https://associazioneperankh.com/2016/05/06/la-legge-del-tre-la-quarta-via-cap-21/

lunedì 14 maggio 2018

I dervisci e i danzatori roteanti sufi: dall'ascetismo alla danza per andare oltre se stessi


Col termine derviscio (in persiano e arabo darwīsh, lett. «povero», «monaco mendicante») si indicano i discepoli di alcune confraternite islamiche che, per il loro difficile cammino di ascesi e di salvazione, sono chiamati a distaccarsi nell'animo dalle passioni mondane e, per conseguenza, dai beni e dalle lusinghe del mondo. 
Si tratta di un termine afferente a molte generiche confraternite islamiche sufi, anche se tendenzialmente ci si riferisce alla ṭarīqa Mawlawiyya/Mevleviyè. 
I dervisci sono asceti che vivono in mistica povertà, simili ai frati mendicanti cristiani.


Origine del termine

Darwīsh è un'antica parola proto-iranica che appare nell'Avestā come drigu-, "bisognoso, mendicante", poi accolta nel medio-persiano come driyosh.
In campo mistico il termine, più ancora che "mendicante" ha acquistato il significato di "colui che cerca il passaggio che porta da questo mondo materiale ad un paradisiaco mondo celestiale". 
Il termine generalmente si riferisce a un asceta mendicante oppure a un temperamento ascetico di colui che è indifferente alle cose materiali.


Il fenomeno dell'ascetismo

Il fenomeno è tipico di tutti i percorsi ascetici mistici, sia ebraici, che cristiani, buddisti e induisti.
In campo islamico alcune confraternite fanno della povertà il loro abito fisico e spirituale, utile ad allontanare qualsiasi vana tentazione di affermazione del proprio Io, a fronte dell'Unico Esistente, Dio. Fra esse, in particolare, la Mawlawiyya (in Turco Mevleviyè), fondata dal grande sufi e poeta Jalāl al-Dīn Rūmī nel XIII secolo o le ormai scomparse Qalandariyya e Khalwatiyya.
La prima ebbe anche importanti funzioni liturgiche nelle cerimonie d'incoronazione dei Sultani ottomani ed è particolarmente nota per la spettacolare cerimonia dei cosiddetti "dervisci roteanti" che, nella loro ricerca dell'estasi che li avvicina a Dio, ruotano a lungo su se stessi sotto la guida di un loro pir (lett. "vecchio") che, in turco, è chiamato talora dede (nonno).


Il sufismo e la "danza roteante"

Questi praticanti del Sufismo sono considerati dei saggi
Molti dervisci sono mendicanti che si sono votati alla povertà, mentre altri lavorano, per esempio i Qadiriyya egiziani sono dei pescatori.
Esistono varie confraternite sufi, quasi tutte hanno avuto origine da un santo o un maestro musulmano come ʿAlī e Abū Bakr, rispettivamente quarto e primo califfo musulmano. Vivono in comunità monastiche simili a quelle cristiane.
L'Ordine dei Mevlevi, in Turchia, pratica la celebre danza turbinante come metodo per raggiungere l'estasi mistica, all’interno di un complesso rituale chiamato samāʿ. Le danze sacre sono la più antica forma di trasmissione dei "misteri" che essi affermano pervenuti all'uomo dall'antichità, e quanti sono ammessi a un tale esercizio passano attraverso un insegnamento speciale che prevede una lunga preparazione.

La danza roteante o turbinante non viene pubblicamente eseguita in forma completa ma in certe tekkè (luoghi di raduno delle confraternite) i più anziani considerano l'uso di eseguirla equivalente alla lettura di libri che espongono i misteri del tempo antico. Un approccio simile è rintracciabile nelle danze sacre indiane, come ad esempio Kathakali, in cui una diversa posizione della mano o del piede trasmette una diversa informazione e per questo il pubblico deve essere addestrato alla comprensione della danza, che in questo caso non può essere lasciata all'impressione soggettiva.

Contemporaneamente alla rappresentazione, un Derviscio compie un particolare esercizio interiore che ha il fondamentale compito di accelerare complessivamente la frequenza del ritmo di lavoro del proprio organismo, e impedire allo stesso tempo di creare squilibri tra le varie parti del corpo, specialmente tra il centro di "coordinazione motoria", il centro "intellettivo" e quello "emozionale". Dopo anni di esperienza, orientando i propri sforzi in questa direzione, pare che un Derviscio acquisisca, in uno stato di "super-coscienza", una speciale proprietà fondata sull'equilibrio dell'attività del proprio organismo, raggiungibile per attimi via via sempre più duraturi, col fine di renderlo uno stato permanente. Questa è chiamata la "Comunione con Allah". 

La differenza tra le danze dei Dervisci e quelle rituali afro-americane consiste maggiormente nel fatto che l'obiettivo di queste ultime è l'entrata in uno stato alterato di coscienza, scatenato dall'ossessività dei movimenti sincopati dal suono, all'interno del quale il danzatore non ha alcun controllo su di sé, né cognizione delle circostanze, creando però, secondo le credenze, un contatto speciale con le "forze superiori".

Oltre alla danza roteante esistono altri tipi di danze, tutte caratterizzate da una grande attenzione a particolari apparentemente insignificanti. Nel loro apprendistato, che dura diversi anni, i futuri Dervisci vengono addestrati da sapienti maestri con tecniche molto raffinate; una di queste prevede l'utilizzo di un marchingegno molto curioso, simile ad un albero: dalla sua base, generalmente in legno, si dipartono due o più rami dai quali a loro volta se ne dipartono altri ancora, e così via per un numero preciso di volte; ogni segmento è collegato all'altro tramite sfere, in genere d'avorio, risultando così un meccanismo affine a quello delle articolazioni scheletriche, capace di assumere numerose combinazioni di posizioni. Coll'ausilio di questo speciale strumento i monaci mostrano le posizioni che i discepoli dovranno imitare e sostenere per svariate ore, completamente immobili, con l'obiettivo di imparare a "sentirle" dentro se stessi.

domenica 13 maggio 2018

I dreadlocks e la loro storia millenaria. Dreadlocks non è sinonimo di rasta, affatto.


I dreadlocks sono ciocche di capelli che si formano dall'unione di tanti capelli, annodati tra loro o naturalmente formatisi. 
Ci sono molti modi per ottenere questo look. Il più storico consiste nel non lavare e non pettinare i capelli per molto tempo: i dredlocks si formeranno da soli.
Altri metodi includono l'uso dell'uncinetto, la pettinatura della ciocca al contrario, la con
cotonatura della ciocca.
Contrariamente alla credenza popolare, è possibile lavare i capelli dreadlocks.


Antico Egitto

L'origine dei dreadlocks in Egitto è segnalata a partire del periodo tra il 5000 aC e il 1500 aC
La prima prova solida di dreadlocks proviene dall'antico Egitto, e ci sono molte rappresentazioni di figure con i dreadlocks. 
Gli archeologi hanno recuperato le mummie che mostrano la prova della presenza di dreadlocks.


Nel vedica indù

Altre vecchissime testimonianze di dreadlocks arrivano dalle antiche scritture Vediche. Nonostante queste testimonianze non siano affidabili quanto quelle degli antichi Egizi, esse suggeriscono che i dreadlocks sarebbero esistiti anche prima degli egizi. 
E' così il dio indù Shiva è sempre mostrato con una massa di trecce intrecciate nella parte superiore della testa, ed i seguaci di Shiva sono descritti come con ciocche di capelli intrecciati.


Altre culture antiche

Anche diverse altre tribù antiche portavano dreadlocks, tra cui i celti, i germanici, i vichinghi, i grecipopolazioni dell'Oceano Pacifico e del Messico e il popolo Naga. Lo storico William H. Prescott descrive un sacerdote azteco "come avere i capelli lunghi e pelosi"; i Celti sono descritti come avere i capelli come serpenti, suggerendo la presenza di dreadlocks in quella cultura. 
Molti ipotizzano che spesso figure bibliche, come Sansone, Samuele e Giovanni Battista abbiano avuto dreadlocks, a causa del loro status di Nazareni. 
I nazirei prendono il voto di non tagliarsi i capelli, e potrebbe essere una forte evidenza che queste figure possono aver avuto i dreadlocks.


Dreadlocks in Giamaica

Forse l'associazione più comune con dreadlocks è il moderno movimento rasta rastafari
Il movimento Rasta è sorto nel 1950, e il taglio di capelli dreadlocks è diventato il taglio ufficiale del nuovo ordine religioso.
i rastafariani prendono il voto di Nazireo e sono considerati una continuazione della tradizione biblica. 
I dreadlocks sono spesso associati alla musica reggae, poichè sono stati utilizzati dalla grande stella del reggae Bob Marley.